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Bahrein L’appello del Papa: tacciano le armi

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di Mimmo Muolo in “Avvenire” del 4 novembre 2022.



Francesco giunto in Bahrein, accolto dal re. Tra i temi del primo discorso: pace, libertà religiosa, dignità del lavoro, difesa del Creato «La guerra è una realtà mostruosa e insensata, che semina distruzione e sradica la speranza». Un pensiero per Ucraina e Yemen.


Le bambine con le tuniche bianche e rosse, gli stessi colori della bandiera bahrenita che sventola dall’alto pennone del palazzo reale, lanciano petali di rose al passaggio del Papa. «Uomo e pellegrino di pace» si è definito poco prima il Pontefice, nell’intenso discorso rivolto al re, alle autorità, al corpo diplomatico. Il cortile del Sakhir Royal Palace risplende di luci che fanno più accecanti le pareti bianchissime. Così quell’omaggio floreale giunge quasi a confermare che l’appello alla pace, alla «ricerca dell’altro e alla fraternità», contenuto nelle parole di Francesco è stato come acqua che irrora il deserto e lo fa fiorire.


Hanno ascoltato, i mille dignitari che attorniano il sovrano, Isa bin Salman al Khalife, Francesco ripetere per ben tre volte «tacciano le armi». Lo hanno sentito invocare convivenza pacifica, libertà religiosa, abolizione della pena di morte (qui c’è ancora ed è frequente), nuovi rapporti di amicizia tra cristiani e musulmani, dignità sul lavoro e attenzione alle questioni ambientali. Ma soprattutto hanno visto il simbolo di questo piccolo Paese insulare - la gigantesca acacia vecchia di 400 anni che viene chiamata “l’albero della vita” - assurgere a simbolo di tutto ciò che il vescovo di Roma ha detto loro arrivando per la prima volta in Bahrein e per la seconda nella Penisola Arabica. Viene spontaneo dunque stringersi intorno all’ospite con una accoglienza calorosissima.


In tal modo il 39° viaggio internazionale di Francesco meglio non poteva cominciare. Lo sbarco all’aeroporto di Awali attraverso il finger (per non affaticare oltre il Pontefice, già dolorante al ginocchio, come ha confidato egli stesso ai giornalisti sull’aereo), un breve tragitto in auto tra drappelli di militari in alta uniforme e gruppi di bambini vocianti, poi il colloquio privato con il re nella sala verde e infine la cerimonia di benvenuto nel cortile grande quasi come un campo di calcio. Cerimonia segnata dai due discorsi ufficiali. E se il re sottolinea la libertà di culto che si gode nel suo regno e lancia un appello «per porre fine alla guerra russo-ucraina e per iniziare negoziati seri tra le parti», offrendo anche la sua mediazione, il Papa tocca diversi argomenti in più.

A partire da quella capacità di vivere insieme come fratelli che è diventata uno dei leit motiv del suo pontificato.


«Impegniamoci ovunque e davvero per la pace», dice in relazione diretta alla guerra yemenita, ma con uno sguardo che non può non spingersi fino all'Ucraina. Anche perché «la guerra è una realtà mostruosa e insensata» che «semina distruzione e sradica speranza». Perciò Francesco invoca: «Rifiutiamo la logica delle armi» e tramutiamo «le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitari e di istruzione».


Lo scopo del viaggio, infatti, è dare anche prova della volontà di incontro tra i diversi. «Una

diversità non omologante – afferma infatti papa Bergoglio -, ma includente, rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto». Elemento importante soprattutto in questo nostro tempo in cui «assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala, dell'indifferenza e del sospetto reciproco, al dilatarsi di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate» e a «populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti».


Francesco invece si definisce «seminatore di pace per vivere giorni di incontro» (il riferimento è al Forum di dialogo tra Oriente e Occidente, al quale parteciperà oggi) e soprattutto per far progredire il dialogo islam-cristiano. Un «cammino fraterno che, sotto lo sguardo del Cielo, vuole favorire la pace in Terra».


Perciò, parte integrante di questo cammino, ricorda il Pontefice, è la libertà religiosa, garantita dalla Costituzione del Paese. Ma il Papa va oltre. Chiedendo che essa «non si limiti alla libertà di culto», ma che «uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona, che non vi siano discriminazioni e che i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi . Penso – afferma papa Francesco – anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata ». Quindi il Pontefice, nel multietnico Bahrein, dove molti sono gli immigrati per motivi di lavoro, proprio sul lavoro mette l'accento. «La metà della popolazione residente è straniera e lavora in modo cospicuo per lo sviluppo del Paese», ricorda. Ma allargando il campo alla situazione

mondiale, fa notare che «c'è ancora troppa mancanza di lavoro, e troppo lavoro disumanizzante»: un “attentato alla dignità umana”. Il lavoro non è solo necessario per guadagnarsi da vivere, ma è anche “un diritto fondamentale”. Di qui la condanna papale della schiavizzazione dei lavoratori e invece la richiesta che «siano garantite ovunque condizioni lavorative sicure e degne dell'uomo».

Infine l'appello al Bahrein perché «sia faro nel promuovere in tutta l'area (il Qatar è proprio di fronte e sono note a tutti le vicende tragiche legate alla costruzione degli stadi per i prossimi mondiali, ndr) diritti e condizioni eque e sempre migliori per i lavoratori, le donne e i giovani», garantendo anche chi si trova ai margini della società come «gli emigrati e i detenuti». Ancora all'albero della vita si riferisce il Papa quando affronta la questione ambientale. «Quanti alberi vengono abbattuti, quanti ecosistemi devastatati, quanti mari inquinati dall'insaziabile avidità dell'uomo, che poi gli si ritorce contro». Bisogna far fronte a «questa drammatica urgenza», a partire dalla prossima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop27). Così davvero a quell'albero famoso bisogna riferirsi anche per far sì che «negli aridi deserti della convivenza umana – conclude il Papa – distribuiamo l'acqua della fraternità e dell'incontro tra civiltà, religioni e culture. Non permettiamo cioè che secchino le radici dell'umano». I petali di questo modo di agire non tarderanno ad arrivare.

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