Con decreto del 16 dicembre, il nostro vescovo Erio ha dato la possibilità per questo tempo “straordinario” di celebrare il sacramento della riconciliazione in forma comunitaria con assoluzione generale. Di seguito riportiamo alcune note di accompagnamento al decreto scritte dal vescovo.
Carissimi presbiteri, ho deciso di allargare a tutti i parroci e amministratori parrocchiali la facoltà dell’assoluzione generale in caso di “grave necessità”, già concessa nella scorsa primavera ai cappellani ospedalieri nella “prima ondata” del covid-19, dopo avere letto attentamente le motivazioni che hanno portato i vescovi del Triveneto a questa stessa scelta (il 7 dicembre scorso). I Vescovi hanno espresso la loro preoccupazione circa l’effettiva possibilità per molti fedeli – causa il protrarsi della pandemia – di accedere al sacramento della confessione nella tradizionale forma “individuale”, per una serie di oggettive difficoltà ed anche per evitare altri contagi e mettere ad ulteriore rischio la salute dei fedeli e dei ministri del sacramento. Consultata la Penitenzieria Apostolica in proposito, hanno quindi convenuto che tale situazione di pandemia possa configurare quei casi di grave necessità previsti dal diritto canonico e tali da portare, ad esclusivo giudizio del vescovo diocesano e secondo modalità da lui stabilite, a valorizzare e rendere praticabile la cosiddetta “terza forma” del rito della confessione con assoluzione comunitaria e generale, sia per gli adulti che per i bambini e i ragazzi. Tutto ciò è nell’intento di valorizzare la dimensione cristiana del Natale e potrà avvenire in un tempo ben determinato e limitato (dal 16 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021). Successivamente anche i vescovi del Piemonte hanno preso la stessa decisione. Il tasso di contagio da covid-19 nella Provincia di Modena è, in termini assoluti, molto più preoccupante rispetto ad altre zone d’Italia e, in termini percentuali, più alto rispetto a tutte le altre Provincie della nostra Regione. La situazione richiede, anche per questo, una particolare prudenza e configura, credo, quella gravità richiesta per attivare la “terza forma” del sacramento. Ho quindi consultato i vescovi della nostra Regione, la segreteria generale della Cei e, su consiglio di quest’ultima, due esperti canonisti che hanno dato parere favorevole.
La decisione ultima spetta, però, ai pastori delle singole parrocchie, anche nel caso di comunità religiose presenti sul loro territorio. Sono infatti i parroci e gli amministratori parrocchiali che, insieme ai consigli pastorali, possono valutare l’opportunità o meno di utilizzare questa facoltà: in base all’ampiezza e conformazione degli spazi, alle tradizioni locali, al numero dei presbiteri disponibili e dei fedeli abituati a ricevere il sacramento della penitenza nel periodo natalizio, e a qualsiasi altro criterio possa entrare in questa scelta.
Aggiungo una considerazione personale. La possibilità di attivare la “terza forma” del rito della penitenza, in un contesto come questo, può diventare non solo un esempio pubblico di prudenza, ma anche e soprattutto un’occasione per sottolineare come il sacramento della penitenza non si possa ridurre a un gesto individuale rapido (la “confessione di Natale”) e per aiutare a comprendere che il perdono di Dio richiede e comporta un cammino di conversione insieme alla comunità cristiana. Il fatto che l’assoluzione collettiva orienti ad una successiva confessione personale può mettere in moto un “processo” virtuoso che, se adeguatamente introdotto da una catechesi adatta, integra meglio i tre elementi del sacramento – confessio, absolutio e satisfactio – in un ordine diverso e con un respiro più ampio.
La prima confessio, che avviene tra se stessi e il Signore nel contesto del rito comunitario, è favorita dalla liturgia stessa con il ricorso alla parola di Dio e la spiegazione del presbitero o del diacono; l’absolutio collettiva rende evidente che, attraverso il ministero sacerdotale, non è solo il Signore, ma è anche la Chiesa, a perdonare i peccati (cf. LG n. 11); la satisfactio diventa, in questo caso, non una semplice “riparazione delle colpe commesse”, ma un impegno da assumere in vista del completamento del rito per iniziare a tradurre già da subito nella vita quotidiana il perdono ricevuto, attraverso alcuni frutti di conversione.
Grato, sinceramente, per il vostro ministero, auguro già fin da ora a tutti un Natale pieno di speranza.
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