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Suor Jeannine: «La mia vita per i fedeli Lgbt. Felice della lettera del Papa»

di Gian Guido Vecchi


La religiosa americana che nel ‘99 fu sanzionata dall’ex Sant’Uffizio: «Era scritta a mano, come da un amico. La Chiesa sta cambiando»



«Mentre conseguivo il dottorato in matematica all’Università della Pennsylvania, ho incontrato un omosessuale, Dominic Bash, durante una Messa in casa. Mi disse che aveva molti amici gay che avrebbero voluto partecipare, così abbiamo iniziato a tenere liturgie settimanali nel suo appartamento. Era il 1971. Quella prima Messa mi sarà per sempre impressa nell’anima. Era la chiamata di Dio nella mia vita». Suor Jeannine Gramick, 79 anni , da cinquant’anni si occupa negli Stati Uniti delle persone Lgbt. «Quando gli amici di Dominic arrivarono, sentii la loro apprensione. Ma durante la Messa ho percepito che si sentivano ricongiunti alla Chiesa che amavano. Ho visto la luce nei loro occhi, la felicità sui volti. Le lacrime di gioia di un uomo che teneva stretto il suo rosario. Mi disse che anni prima era stato cacciato dal confessionale, il prete gli aveva detto che sarebbe andato all’inferno». Nel 1999 l’ex Sant’Uffizio le vietò di proseguire la sua missione. Il mese scorso Papa Francesco le ha scritto per ringraziarla di tutto ciò che ha fatto e continua a fare.


Suor Jeannine, che cosa ha significato questa lettera del Papa? «Mi sono sentita felicissima di ricevere la lettera di Francesco sui miei 50 anni di ministero LGBT e onorata perché ha paragonato il mio modo di fare allo “stile di Dio” di “vicinanza, compassione e tenerezza”. Era scritta a mano, come la lettera di un amico. Ho pensato al Vangelo di Giovanni: “Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici”. I cattolici non sono d’accordo su molte questioni, ma Gesù e il Papa ci chiamano a condividere le opinioni e a vivere come una comunità di amici. Questo è ciò che significa essere il popolo di Dio, come ha insegnato il Concilio Vaticano II».


Qual era la situazione quando ha cominciato?

«La situazione per i cattolici LGBT negli Stati Uniti negli anni ‘70 e ‘80 era di paura e rifiuto. La maggior parte era nascosta e molti, se uscivano allo scoperto, erano respinti dalla famiglia e dalla società in generale. La maggior parte si sentiva estranea alla Chiesa perché la Chiesa non li voleva. Cinquant’anni fa, la parola “gay” o anche “omosessuale” non appariva mai in un giornale cattolico. Oggi è molto diverso. Abbiamo centinaia di parrocchie che accolgono cattolici lesbiche e gay, ma abbiamo bisogno di molte, molte più parrocchie per essere una Chiesa dove tutti i cattolici emarginati possano sentirsi a proprio agio. Le persone transgender sono ancora trattate con paura e rifiuto. La situazione dei cattolici LGBT in alcune parti del mondo è estremamente pericolosa perché possono essere incarcerati o perdere la vita solo per essere ciò che sono o per aver parlato dei loro diritti umani».


Cosa facevate, lei e padre Robert Nugent, quando fondaste «New Ways Ministry»?

«Abbiamo iniziato ad educare la comunità cattolica sulla realtà dell’omosessualità. Credevamo che la paura, dovuta alla mancanza di conoscenza della sessualità, fosse la causa del rifiuto delle persone. Così padre Nugent ed io abbiamo condotto workshop educativi in tutti gli Stati Uniti, in circa tre quarti delle diocesi, per educare i cattolici. Questi workshop trattavano questioni sociali, le origini dell’omosessualità, studi sociologici sull’omofobia, giudizi scientifici. Abbiamo presentato informazioni di studiosi biblici su passaggi che sono stati male interpretati per condannare gay e lesbiche. Abbiamo discusso come l’insegnamento di etica sessuale della Chiesa sia cambiato nel corso dei secoli. Abbiamo presentato l’ etica sessuale del Vaticano, dal Concilio Vaticano II, basata sulla funzione procreativa; l’etica sessuale dei teologi moderati, basata sui limiti della condizione umana; e l’etica sessuale dei teologi egualitari, basata sull’amore tra le persone».


Nel 1999, la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, vietò a lei e a padre Robert Nugent di continuare. Parlando ad America Magazine, la rivista dei gesuiti americani, ha detto di essersi sentita «scomunicata». Tuttavia, ha avuto parole di grande rispetto per Ratzinger: «Penso che sia un uomo santo». Allora perché il Vaticano le proibì di continuare il suo lavoro? Cosa non fu compreso allora?

«Come dichiarato nella notifica della CDF, la ragione della proibizione erano “le ambiguità e gli errori dell’approccio di Padre Nugent e Suor Gramick hanno causato confusione tra il popolo cattolico e hanno danneggiato la comunità della Chiesa”. Ciò che non fu compreso allora dal Vaticano è che ci saranno inevitabilmente ambiguità e confusione su questioni complicate, specialmente quando tali questioni riguardano problemi sui quali stiamo acquisendo nuove conoscenze dalle scienze. La confusione e persino gli errori sono inevitabili. Questo diventa un momento di discussione, non di silenzio. Le nuove idee spesso confondono e causano ansia o paura. Queste reazioni dovrebbero essere discusse in modo che la comunità della Chiesa possa alla fine arrivare ad una certa comprensione. Se crediamo nella presenza dello Spirito Santo, che condurrà la Chiesa alla pienezza della verità, allora dobbiamo mettere da parte le nostre paure e rimanere nella nostra fede che, nella pienezza del tempo, tutto sarà reso chiaro. Il popolo di Dio non è ancora “nella pienezza del tempo”».


Cosa è cambiato nel frattempo? E quanto ancora deve cambiare?

«Dal 1999, il mondo e la Chiesa sono cambiati. Le telecomunicazioni hanno avvicinato i popoli del mondo. A causa degli sviluppi scientifici e dei progressi educativi, non abbiamo più un laicato che si limita a “pagare, pregare e obbedire”. Il Popolo di Dio, specie nelle nazioni più sviluppate, non accetta senza riserve i pronunciamenti dei capi della Chiesa. Anche i vescovi non agiscono più secondo i piani articolati del Papa. Se questo cambiamento non è una vera e propria ribellione, allora è un segno di crescita, un segno che la gente comincia a pensare e ad agire secondo la propria coscienza. Il popolo di Dio sta cominciando a capire che il luogo dell’autorità non risiede nei vescovi e nemmeno nel nostro buon Papa Francesco. Il luogo dell’autorità risiede in tutta la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo. Papa Francesco ce lo ha ricordato nella sua prima intervista pubblica con padre Antonio Spadaro, quando ha detto: ”La Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia... E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina. Ecco, questo io intendo oggi come il “sentire con la Chiesa” di cui parla sant’Ignazio. Quando il dialogo tra la gente e i vescovi e il Papa va su questa strada ed è leale, allora è assistito dallo Spirito Santo”. Però bisogna cambiare di più. La responsabilità è di ogni singolo membro del Corpo di Cristo. La pienezza della Chiesa avverrà solo se non ci mettiamo a tacere, ma diciamo la verità come la comprendiamo. Questo è il nostro obbligo come popolo di Dio. È qui che Papa Francesco ci sta conducendo con dolcezza, convocando i sinodi mondiali. Dopo una discussione mondiale, lo Spirito Santo comincerà a chiarire il giudizio della comunità sul genere, la sessualità e una serie di altre questioni. Ma anche allora non arriveremo alla pienezza della verità, che avverrà solo alla Parusia».


Cosa direbbe a coloro che nella Chiesa contestano la sua missione?

«Mi sono confrontata con un certo numero di persone che hanno sfidato il mio ministero. Credo che abbiano profonde preoccupazioni e ansie, radicate nella paura del cambiamento. Capisco questa paura perché io stessa trovo difficili molti cambiamenti e faccio resistenza. Ho bisogno di pregare che il mio cuore e le mie orecchie siano aperti. Ho bisogno di ascoltare, ascoltare davvero gli altri, e non giudicare o condannare coloro che contestano. Mi piace credere che tutti abbiano qualcosa di significativo per contribuire e ho bisogno di trovare quel “qualcosa”. A coloro che contestano il mio ministero, dico che in “ciò che conta” siamo veramente uno. Siamo tutti rami diversi radicati in un solo Cristo. Crediamo tutti nel Vangelo di Gesù che ci ha insegnato a seguire le Beatitudini dell’amore, della cura e della misericordia. Prego perché tutti noi possiamo vedere che queste differenze, sulla sessualità o sulle opinioni, sono doni che possono arricchire la famiglia umana».

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1件のコメント


mpguerra2017
2022年7月06日

Chi ha un amico, o un’amica, lgbt sa quanta sofferenza pesi sulla loro quotidianità per questo loro modo di essere, che per loro non può essere negato. Negarlo significherebbe per loro tradire la percezione più intima di se stessi e vivere la propria vita, per così dire, per “conto di altri”, in nome di una “supposta” normalità: infatti, le scienze mediche e biologiche ci stanno sempre più rendendo consapevoli che l’identità sessuale è un fenomeno molto più complesso di quanto tradizionalmente si è inteso. Ma ancora oggi, anche nel nostro Paese, pur dopo la legge del 2016 sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il costo sociale di vivere alla luce del sole la propria omosessualità è spesso molt…

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