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Le lacrime di Francesco: "Imploro perdono"

di Domenico Agasso in “La Stampa” del 26 luglio 2022

Il papa è stato dal 24 al 30 luglio in Canada, per un drammatico "pellegrinaggio penitenziale": chiedere perdono alle Prime Nazioni ("pellerossa"), agli Inuit ("esquimesi") e ai Meticci, i cui bambini furono strappati dalle famiglie di origine e sottoposti a violenze disumane anche da parte della Chiesa cattolica. Secondo la logica della “colonizzazione”, le popolazioni indigene canadesi dovevano essere “educate alla civiltà” e i loro bimbi affidati dal governo alle Chiese – Cattolica, Anglicana, Protestante – che, in apposite Scuole residenziali, spesso fecero subire loro privazioni varie, tra cui, non raramente, violenze sessuali. Tutto ciò accadde dalla metà dell’Ottocento fino a quarant’anni fa, e riguardò centocinquantamila ragazzi e ragazze. Rimasta sepolta per decenni, la tragedia provocata da questa colonizzazione spietata, cominciò ad emergere solamente negli anni Novanta del secolo scorso. Si mossero allora le Chiese, che iniziarono ad ammettere le loro responsabilità; si mosse il governo di Ottawa. Questo, nella zona artica del Paese nel 1999 creò un nuovo Territorio, di due milioni di chilometri quadrati (su un totale di 9,8 milioni), il Nunavut: qui, in totale autonomia, Prime Nazioni, Inuit e Meticci avrebbero potuto svilupparsi recuperando, per quanto possibile, e malgrado le ferite patite, le loro tradizioni. Molti furono i “mea culpa”, di Chiese e governo, per quel tragico passato.

Uno dei momenti più significativi del pellegrinaggio penitenziale del papa si è svolto lunedì 25 luglio a Maskwacis, il cui nome in lingua indigena significa “colline dell’orso”, dove alle 10:00 Francesco ha incontrato le popolazioni indigene: Pellerossa, Esquimesi e Meticci. «Chiedo perdono per i modi in cui molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni». In una mattinata malinconica di nuvole e pioggia leggera, papa Francesco pronuncia il tanto atteso mea culpa per gli orrori compiuti nelle scuole. Il Pontefice dice di essere «qui a piangere con voi». Negli istituti residenziali governativi amministrati in gran parte da enti cattolici, 150 mila bambini furono sottoposti a un «genocidio culturale», strappati alle famiglie, privati di lingue e valori, picchiati, incatenati, imprigionati a scopo punitivo, violentati. Molti sono morti durante la permanenza, anche per denutrizione. Il caso è riesploso dopo il recente ritrovamento di fosse comuni. Il Papa entra nel cimitero, accompagnato da suoni di tamburo. Prega in silenzio. E poi va al Bear Park Pow-Wow Grounds. Qui, Wilton Littlechild, capo aborigeno della Comunità del Montana First Nation, gli rivolge parole di benvenuto. E il Vescovo di Roma, alla presenza del governatore generale Mary May Simon - lei stessa di madre Inuit - e del primo ministro Justin Trudeau, afferma che è arrivato «nelle vostre terre natie per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono». Ricorda gli incontri avuti a Roma quattro mesi fa: «Allora mi erano state consegnate due paia di mocassini, segno della sofferenza patita dai bambini indigeni». Gli era stato chiesto di restituire i mocassini una volta arrivato in Canada: «Lo farò al termine di queste parole». Quei mocassini «ci parlano anche di un cammino, di un percorso che desideriamo fare insieme. Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia e riconciliazione». Il posto in cui «ci troviamo fa risuonare in me un grido di dolore, un urlo soffocato che mi ha accompagnato in questi mesi». Bergoglio cita Elie Wiesel, superstite della Shoah: «È giusto fare memoria, perché la dimenticanza porta all'indifferenza e, come è stato detto, "l'opposto dell'amore non è l'odio, è l'indifferenza... l'opposto della vita non è la morte, ma l'indifferenza alla vita o alla morte. Quei bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali. Sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini» e questo ha segnato «in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti. Quello che la fede cristiana ci dice è che si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo». Perciò la Chiesa «si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli». In particolare «per i modi in cui molti membri delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l'indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell'epoca».

Wilton Littlechild spiega che la visita del Papa ha «un grande significato per noi. Le sue parole sono già storia. Si apre così una fase di riconciliazione e rinascita che per le nostre comunità, dopo le atroci sofferenze del passato, è cruciale».


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