di Al Sharpton – traduzione di Roberto Ranieri in www.settimananews.it del 6 giugno 2020
Voglio che non ce ne stiamo seduti qui come se fosse un funerale normale. George Floyd non dovrebbe essere deceduto. Non è morto per una malattia fisica. Lui è morto per una malattia del sistema di giustizia americano. Quindi non è un funerale normale. Non è una normale circostanza, anche se molto comune, e noi dobbiamo farci i conti. Lasciatemi dire che per chi tra voi ha bisogno di un riferimento biblico per un omelia, potete andare a leggervi Qoèlet 3,1: «Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo». […]
I can’t breathe (Non posso respirare)
Appena ho parlato con la famiglia di George e capito i dettagli e saputo che tra le ultime parole di George c’erano le parole: “non posso respirare”, con un ginocchio sul collo. […]
Quello che mi ha colpito è stato l’aver realizzato che la storia di George è la storia degli afroamericani incominciata quattrocento uno anni fa, la storia di chi non ha mai potuto diventare chi ha desiderato essere, perché avete messo un ginocchio sul nostro collo. Noi eravamo più intelligenti e non meritavamo di andare nelle scuole di classe B, ma voi avete messo un ginocchio sul nostro collo.
Avremmo potuto amministrare società e non loschi traffici nelle strade, ma voi avete messo un ginocchio sul nostro collo. Abbiamo creatività, e avremmo potuto fare quello che chiunque altro può fare, ma non siamo riusciti a togliere il vostro ginocchio dal nostro collo. Quello che è successo a Floyd, succede ogni giorno in questo paese, nell’educazione, nei servizi sanitari, ed in ogni settore della vita americana. Ed è ora di lottare per cosa è giusto, adesso. Nel nome di George dobbiamo dire: togliete i ginocchi dai nostri colli.
Un ginocchio sul collo
Questo è il problema, non importa chi sei. Abbiamo pensato che forse era una cosa che riguardava solo noi, ma anche sulle persone di colore di successo, voi avete tenuto il vostro ginocchio sui nostri colli. […] La ragione per la quale stiamo marciando in tutto il mondo è perché noi siamo come George, non possiamo respirare, non perché qualcosa non va nei nostri polmoni, ma perché voi non togliete i vostri ginocchi dai nostri colli.
Non vogliamo favori. Semplicemente, toglietevi di torno e noi potremo essere e fare del nostro meglio. Ci sono state proteste in tutto il mondo. In alcune proteste ci sono stati saccheggi e altre violenze e nessuno di noi in questa famiglia giustifica tutto questo. Ma la cosa su cui vorrei che noi fossimo realisti è che c’è una differenza tra una richiesta di pace e una di silenzio. Tra voi vi è qualcuno che non vuole la pace, vuole che ce ne stiamo buoni in silenzio. Tra voi vi è qualcuno che ci vuole chiudere il becco e vuole che noi soffriamo in silenzio.
La stragrande maggioranza delle persone nelle proteste non ha distrutto vetrine, stavano provando a rompere barriere. Non stavano rubando niente, stavano tentando di riottenere la giustizia rubata. Quelli che hanno infranto la legge devono pagare per le leggi che hanno infranto. Ma altrettanto devono pagare i quattro poliziotti che hanno causato questo funerale oggi.
C’è un problema in America
Non abbiamo nessun problema nel denunciare una violenza. Ma sembra che qualcuno nel sistema di giustizia abbia un problema nel guardare al video e nel riconoscere che c’è un problema, e pare che vi ci voglia parecchio tempo ad andare a fare quello che dovete fare.
C’è un tempo, ed un momento preciso, e quando ho guardato a questo tempo, e visto le marce in cui in alcuni casi i bianchi erano di più delle persone di colore, e adesso so che questo è un momento differente. Quando guardo e vedo le persone in Germania marciare per George Floyd, è un momento ed una stagione diversa. Quando li ho visti andare davanti al parlamento a Londra, ho capito che questo è un momento ed una stagione differente. […]
L’orario sbagliato
Sapete, lo scorso ottobre ero in ritardo per un appuntamento perché era cambiato il fuso orario. Il mio orologio segnava un orario sbagliato. Una volta all’anno le lancette vanno avanti di un’ora. Sì, il tempo va avanti. E se tu non sposti le lancette avanti, ti ritroverai in ritardo. Non perché il tuo orologio sbaglia, ma perché hai tenuto il tuo orologio sul vecchio orario. Beh, vi dico che tutto il loro parlare a Washington su militarizzare o meno il paese, … siete sull’orario sbagliato, miei cari. Il tempo per voi di fare scuse è finito. Il tempo di paralizzare tutto è finito. Il tempo delle vostre parole vuote e delle vostre vuote promesse è finito. Questo è il tempo in cui noi non ci fermeremo. Continueremo ad andare avanti fino a quando non cambieremo l’intero sistema di giustizia.
Abbiamo specifiche ordinanze che abbiamo bisogno entrino in vigore. Il 28 agosto, 57° anniversario della marcia su Washington, torneremo a Washington. Lì è dove Martin Luther King ha protestato, all’ombra della statua di Abramo Lincoln e ha detto: I have a dream. Beh, torneremo questo 28 agosto per restaurare e impegnarci di nuovo per quel sogno, come quando ci rivoltammo contro la schiavitù. In un altro momento abbiamo combattuto per il diritto di voto. Questo è il momento per combattere per una giustizia equa. Dobbiamo tornare a Washington e lottare, neri, sudamericani, arabi, all’ombra di Abramo Lincoln, e dire loro: “Adesso è ora di finirla!”.
28 agosto: marciare a Washington
Nei prossimi due mesi organizzeremo in ogni regione, non semplicemente una marcia, ma una processione. E sarà guidata dalla famiglia Floyd. E dalla famiglia Gonda. E sarà guidata da quelle famiglie che hanno sofferto e conoscono il dolore, e sanno cosa significa essere messi da parte.
Cambieremo l’ora. Lasciatemi dire questo alla famiglia che ha mostrato così tanta grazia e lucidità ed equilibrio. Questo è il motivo per cui voglio il loro aiuto per guidare tutto questo. Dobbiamo irrompere, perché voi non sapete che ora è. Voi vi comportate come se fosse ieri. E il motivo per cui siete in ritardo e dovete rincorrere gli eventi di queste proteste è perché non avete spostato l’orario delle vostre lancette. Parliamo di fare l’America di nuovo grande? Ok, per chi? E quando? Noi faremo l’America grande per tutti per la prima volta.
Non è mai stata grande per i neri. Non è mai stata grande per i sudamericani. Non è mai stata grande per molti altri. Non è mai stata grande per le donne. Le giovani donne che hanno dovuto marciare per il loro diritto di votare. […]
Dio e la strada
C’è un Dio che ancora regna nell’alto dei cieli, e guarda in basso e farà strade dove non ci sono vie d’uscita. Questo Dio è ancora sul trono. Così, dal momento in cui lasceremo questo posto oggi, dico a questa famiglia, tenete alta la speranza. Vi voglio dire che c’è stato un momento della mia vita in cui avevo perso la speranza. Possono accadere cose come queste che ti radono al suolo, ma c’è anche qualcosa come la fede, che è sorella della speranza. […] La fede è quando gli amici ti abbandonano, quando le persone che mai ti girano le spalle. Ma tu dici: non credo che Lui mi abbia condotto fino a qui per abbandonarmi nella mia solitudine”.
Non siamo arrivati fino a questo punto grazie alla fortuna. Non siamo giunti a questo punto a causa del fato. Siamo arrivati qui grazie alla fede, affidandoci a Dio, credendo nelle sue sante parole. E Lui non mi ha mai, mai, mai deluso. Lui farà una strada per i nostri ragazzi.
Ora, vai a casa, George. Ricevi il tuo riposo, George. Hai cambiato il mondo, George. Continueremo a marciare, George. Terremo le lancette sull’ora giusta, George. Andiamo avanti, George. Il tempo è scaduto. Il tempo è scaduto. Il tempo è scaduto.
(foto: Logan Weaver on Unsplash)
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